Tommaso Rosso Chioso - Personal website

Luci ed ombre su Expo Milano 2015

Siamo tornati dall'Expo 2015 io e mia moglie. Questo post vuole essere una rapida riflessione, a margine della recensione che abbiamo già pubblicato l'indomani su TripAdvisor. Si tratta di una riflessione "a freddo", a circa 3 settimane dalla visita.

Guardiamola dal punto di vista analitico (per la versione discorsiva vi rimandiamo a TripAdvisor):

- Organizzazione: Abbiamo scelto il primo giorno di scuola convinti di trovare "meno gente" e sicuramente meno del weekend precedente ce n'era, ma forse non così poca. Probabilmente Expo2015 si sarebbe potuta organizzare meglio, magari mettendo le prenotazioni anche per le visite dei padiglioni: se vuoi ti organizzi la visita prenotando gli orari di accesso ai padiglioni da casa su internet, altrimenti arrivi senza e visiti la esposizione facendo la normale coda. La Svizzera ha fatto ad esempio così per la visita delle sue interessanti torri (tra l'altro uno dei concept migliori che ho visto): fila per biglietti gratuiti di prenotazione, noi intorno alle 11:30 abbiamo preso la prenotazione per la entrata delle 15:15, entrati puntualissimi (non avevo dubbi ;)), eravamo un gruppetto di 30 persone massimo

- Dislocazione delle strutture: ok per l'idea di Decumano e Cardo, fondamenti dell'accampamento romano, ko per le varie strutture di sponsor ed organizzazioni che campeggiano ogni "due per tre" ed a sproposito, ko per la accozzaglia del Cardo. Poco ordine e troppo casino, anche sonoro, sul Cardo sempre

- Messaggio: debole e troppo empirico. Sembra trasparire il seguente concetto: ci sono problemi importanti per il futuro (alimentazione per tutti, agricoltura sostenibile, cambiamenti climatici, difesa dell'ambiente), qui vi mettiamo al corrente della situazione e delle nostre proposte ma non sappiamo se come e quando le applicheremo su larga scala, nella vita di tutti i giorni; per intanto continuate a fare come fate oggi, inquinate e sprecate (perché c'è la crisi ed anche così si fa girare l'economia)

- Architetture dei padiglioni: spettacolari molte, belle quasi tutte le altre. Forse erano meno concettuali le architetture che non le idee esposte al loro interno. Le vedrei bene nel nostro contesto urbano, il cui livello delle abitazioni è andato degradando negli ultimi 15 anni, complice le crisi non solo economiche ma anche di idee e di teste pensanti.

- Cibo: quello offerto era scarsissimo, ma forse non eravamo alla fiera del gusto: ci può stare. Ma i prezzi di quello a pagamento erano alle stelle, da italiani-furbi-che-pensano-di-spennare-il-turista. Prezzi assurdi spesso non motivati di quanto fornito

- Pulizia: finalmente un ambiente decente e pulito, nonostante il forte afflusso di gente, che spesso non è poi così attenta dove andranno a finire le cartacce che ha usato.

 

Insomma: un Expo di luci ed ombre, con tanto di positivo e tanto di migliorabile, allo stesso tempo...

Antifragile

In noi è normale ragionare per opposti: caldo-freddo, utile-inutile, buono-cattivo, fragile-robusto.

Nassim Nicholas Taleb in "Antifragile", libro uscito l'anno scorso, ci ci spiega come sia possible una alternativa ad essere fragile ma senza essere robusto, e ci dice che c'è una alternativa ad essere robusto ma non è essere fragile. Essere antifragile è la terza possibilità, non la via di mezzo.

Superare il limite che ci impone questa dicotomia (ovvero non considerare diventare robusti come sola possibile alternativa al rimanere fragili) richiede uno sforzo mentale, un cambio di prospettiva ed anche di ideali, se necessario. Essere antifragile vuol dire essere pronto e disponibile ad adattarsi; in cambio si avrà la possibilità di prosperare nel disordine (come recita il sottotitolo di questo libro) ossia trarre vantaggio dai piccoli e grandi problemi ed inconvenienti che si verificano ogni giorno (a meno che non ci sia possibilità di scampo alla distruzione totale). Penso che questo sia un concetto rivoluzionario.

Sinceramente, da quando il mondo è in "disordine", non ho mai gradito ripensare a come si viveva negli anni 80 e 90 per rifugiarmi in ricordi e cercare di scacciare le chimere della triste realtà; però non avevo trovato nulla di così valido. Antifragile è un modus vivendi non solo per i periodi con più "disordine" ma anche per quelli che ne avranno meno, perché, da esso, si può sempre trarre vantaggio.

Nel concetto che sta alla base dell'antifragilità c'è l'idea che robusto non è l'obiettivo da raggiungere, il robusto spesso si trasforma in fragile quando entra in contatto con qualcosa di più robusto di lui. E quando non diventa fragile, nella migliore ipotesi il robusto resiste. Certo: resistere non è poco. Ma forse ad un essere umano, ad un essere intelligente si addice qualcosa di più elevato del semplice resistere: imparare. Imparare per essere preparato a resistere a più di quello che si è subito.

Questo vuole dire essere antifragili: apprendere dai propri errori e da quelli degli altri, compensare le proprie lacune, adattarsi alle condizioni avverse. Taleb ce lo dice ora, ma la natura lo è già, alcuni di noi lo sono già, forse. E chi non lo è ancora, se vuole può diventarlo.

No Facebook in 5 punti

In questo post vi spiegherò perché non sono iscritto a Facebook e perché non ho nemmeno intenzione di farlo.
In effetti capisco che sia un fenomeno sempre più di moda. Le persone iscritte sono tantissime continuano ad aumentare.
Perchè dunque non aggregarsi?
1.: Perché Facebook richiede una marea di dati personali che non ho intenzione di divulgare, soprattutto a Facebook stesso [1];
2.: Perché i dati che mi obbligano ad inserire e quanto altro divulgo tramite Facebook viene utilizzato per svolgere agguerrite campagne di marketing al limite del lecito e comunque decisamente invasive [2],[3]
3.: Perchè ho già un sito personale e non ho bisogno di un clone standardizzato;
4.: Per il fosco e poco invidiabile Curriculum di alcuni dei suoi fondatori: ragazzi, c'è pure la CIA di mezzo, e non sono leggende!! [4],[5];
5.: Perché ritengo che il contatto reale e fisico con il nostro mondo non è sostituibile tramite un social network.

Insomma: Facebook impone deroghe non indifferenti alla nostra privacy, usa le nostre informazioni, abitudini e preferenze per fare lucro (oggi) e chissà cosa altro in futuro e ci da un sistema che, a detta di chi l'ha provato, dopo qualche tempo di utilizzo (e dopo avere ritrovato chi non vedevi da tempo e avere scambiato quei due convenevoli per stare in linea con Facebook stesso (che ipocrisia!)) stanca e viene abbandonato.
Che dite, è un po' poco per quello che chiede in cambio? [6]


Fonti:
[1]: http://www.giornalismi.info/gubi/articoli/art_1182.html
[2]: http://corsodicrm.wordpress.com/2008/06/14/marketing-e-social-network-il-caso-di-beacon/
[3]: http://en.wikipedia.org/wiki/Facebook_Beacon
[4]: http://money.cnn.com/2007/11/13/magazines/fortune/paypal_mafia.fortune
[5]: http://www.guardian.co.uk/technology/2008/jan/14/facebook
[6]: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5266

Why SMART?

Una rappresentazione di smart city secondo e-gazette.it

Una rappresentazione di smart city secondo e-gazette.it

 

Per comprendere il concetto di "smart" e capire come può influenzare la nostra vita di tutti i giorni, occorre partire un po' da lontano.
Noi che significato conosciamo di questa parola? Wikipedia, strano a dirsi, non tratta in generale questo argomento; se cerchiamo sul suo sito possiamo leggere al riguardo di smart cities, smart grids, della omonima casa automobilistica tedesca fondata nel 1996 e conoscere più o meno vita morte e miracoli di un gruppetto di persone che fanno Smart di cognome.
"Smart" sta diventando purtroppo una parola di moda; rischia di venire abusata ed utilizzata da gente che non ne conosce nemmeno il significato, quasi uno status symbol, un "prezzemolo" da aggiungere quà e là in mezzo a frasi che di senso compiuto forse non ne avevano già troppo in partenza.
"Smart" in generale è un aggettivo.
Smart cities, ad esempio, sono città dove vengono forniti servizi di buon/ottimo livello, mirati a specifiche funzioni, fruibili ed alla portata di tutti, resi in modo sostenibile per donare al cittadino un'elevata qualità di vita, con attenzione alla interazione sociale, al lavoro ed alla ricerca delle imprese, alla gestione ottimale di risorse e spazi a disposizione.
Le smart grids sono reti elettriche intelligenti formate da sensori ed elaboratori che raccolgono e trattano più o meno grandi quantità di informazioni con l'obiettivo di modellare aspetti e situazioni della vita reale per ridurre costi di utilizzo delle risorse, individuare aree di miglioramento, effettuare la diagnostica, integrare un grande numero di microproduttori di energia o supportare le decisioni. Calcoli ed elaborazioni che vengono effettuate in automatico, cambiando il ruolo di chi ci lavora, da esecutore di una (a volte mastodontica) attività ripetitiva di cui nella stragrande maggioranza di casi ne ignora il significato, a mansioni più elevate (gestione delle elaborazioni o decisioni strategiche conseguenti, ad esempio).
Infine la Fortwo, è in effetti un po' smart oltre che essere, di fatto, una Smart! Piccolo gioco di parole per spiegare come ad un'auto di marchio "Smart" (casa-automobilistica-tedesca-fondata-nel-1996, già citata sopra) le si addica il concetto di smart (quello di cui stiamo parlando). E' piccola quanto basta per girare in sicurezza nelle nostre affollate città (spesso tutt'altro che smart cities...), essere parcheggiata nello spazio in cui ci starebbe un'Ape Piaggio, efficiente nei consumi, e con solo due posti, perché nella stragrande maggioranza dei casi le auto in città hanno un solo posto occupato.
Aiutandomi anche con questi tre esempi mi sono fatto una idea di cosa voglia dire "SMART"; la/lo è un oggetto, una idea, uno stile, comportamento, una cosa che:
- permetta di gestire efficacemente le risorse, in particolare il tempo: nella società moderna dove impegni e occupazioni lasciano poco tempo a disposizione per se stessi, fa la differenza avere anche solo un quarto d'ora libero in più tutti i giorni;
- minimizzi l'impatto dell'uomo sull'ambiente: ossia ci permetta di vivere in modo da far pesare il meno possibile la nostra presenza sul pianeta Terra, per permettere anche domani a noi ed ai nostri figli di poter godere della bellezza che la natura ha da offrirci;
- serva veramente l'essere umano: sia producendo qualcosa di materiale, che rendendo un servizio, al contrario di prodotti e servizi per i quali siamo quasi quasi noi a doverci curare di loro;
- lavori in autonomia, lasciando all'essere umano tempo e modo di occuparsi di quanto le macchine non sono in grado di fare: se una attività ripetitiva, necessaria ma senza valore aggiunto per chi la svolge, viene realizzata da una macchina, noi possiamo occuparci di attività di livello più elevato, il che permette di utilizzare meglio il nostro cervello; 
- interagisca in via continua con l'uomo e le altre "cose": lo scambio di informazioni è fondamentale in un contesto smart per condividerle e permettere ai vari attori smart di funzionare di conseguenza ed in dipendenza da quanto ricevono.
 
Cosa potrebbe diventare smart e cosa lo è già, anche se non lo sappiamo? Lo vediamo la prossima puntata!

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